Questo libro mi ricorda un altro libro, di Ippolita Avalli, letto tempo fa, intitolato "Nascere non basta". Quello parlava di una ragazza, a cui capitava di tutto, affetta dal male tremendo dell'anoressia ma anche del non volersi abbastanza bene. Questo di Monica parla di Pietra, una bambina nata povera in una famiglia con troppe femmine da sfamare, e ritenuta responsabile dal padre, in quanto primogenita, del numero elevato di figlie femmine. Quando finalmente nasce il tanto atteso maschio, e muore la madre di parto, la vita di Pietra sembra aver preso la piega giusta. Anche gli orrori della guerra, se pur tremendi e impietosi, non scalfiscono la tenacia di Pietra e della famiglia, che tira avanti a denti stretti, unita e decisa. Finché arrica la sventura che segnerà per sempre la vita di Pietra e il suo destino. La morte del fratellino in una tragica fatalità la porterà a scontrarsi con la vita troppo duramente, a cambiare carattere, desideri, e a indurirsi il cuore come il suo nome. Fino alla fine, senza via di scampo. Monica è brava, precisa, tratteggia i personaggi in modo eccelso e ne narra con incalzante maestria le alterne vicende, senza esitazione. Ma il messaggio che esce dal libro, a mio avviso, non lascia via di scampo, è una sentenza durissima, a cui non voglio credere. Devo dire che in molti punti il libro mi ha ricordato "Via col vento", tanti gli episodi che lo richiamano, sarà un caso?
valewanda scritto il May 15, 2009
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